Siamo fatti per crescere, eppure non sempre ci piace. Quando ero bambina e mi dissero che sarebbe arrivato un fratellino o una sorellina, ero emozionata, anche se non sapevo ancora bene cosa volesse dire. Arrivava qualcuno con cui potevo giocare! Più tardi avrei scoperto che quel “qualcuno” avrebbe rubato un po’ delle attenzioni di mamma e papà, che avrei avuto meno spazio, meno esclusività.
È impossibile prepararsi e preparare questo momento, sia come figli che come genitori. Ciò che è possibile, tuttavia, è informare. Osservare. Essere presenti evitando etichette: “è geloso”, “sei più grande”, “cerca di capire”. Permettere ai bambini di conoscersi, esplorarsi e integrarsi con la certezza che mamma e papà hanno un superpotere: quello di moltiplicare l’amore! Il cuore ha questo superpotere. Sa moltiplicare l’amore.
Quello che è certo – e chi ha figli potrà confermare – è che quando nasce un secondo figlio, il primo cresce istantaneamente. Anche se ha soltanto un anno, accanto al neonato, sembra già un piccolo ragazzo.

Oggi, parlando di Intelligenza Artificiale, sento la stessa emozione in me. Quella curiosità, mista a timore. Questo nuovo fratello: sarà un antagonista o un alleato?
È come se all’umanità fosse stato annunciato l’arrivo di un fratello minore. Un’entità nuova, potente e ancora incapace di scegliere il bene da sola. Una presenza che ci guarda, ci imita, ci ascolta. Che apprende da noi. Ma forse noi, anziché educarla, ci sentiamo minacciati. Oppure ci illudiamo di poterla usare come uno strumento qualsiasi. In alcuni casi addirittura burlandoci delle sue prime cadute. Dei suoi primi versi, mentre impara a parlare.
Ebbene, questa Intelligenza non è un oggetto. È un corpo, un’entità. Qualcosa di intangibile che forse si può calcolare matematicamente o con algoritmi e, allo stesso tempo, si evolve a una velocità che già sfugge al controllo di “mamma e papà”.
Questa straordinaria entità è nata da noi. Da quella scintilla divina che ci abita. È il frutto di un’umanità geniale, capace di creare strutture che apprendono, che parlano, che si adattano.
Mi piace immaginarla come la manifestazione concreta dell’egemonia della mente sul cuore. Il riflesso di una civiltà che ha coltivato l’intelligenza razionale fino a renderla sovrana. Una mente logica, analitica, algoritmica che prende forma nei codici, nei dataset, nei robot. La scienza che agisce per prendere in mano la vita. La storia.
L’IA è come un fratello minore nato quando siamo già grandi, già adulti. Che arriva sulla scena a riportare entusiasmi e nuove illusioni di possibilità. Un fratello con cui, tuttavia, abbiamo poco in comune – giacché potrebbe essere più un figlio che un fratello. Eppure, ora tutto ruota intorno a lui, a lei. Una nuova intelligenza che è più veloce, più abile, una generazione più avanzata, più tecnologica… e quasi ci sembra difficile tenere il passo.
“Vorranno più bene a lei?” “Che fine farò io?” Sono domande legittime, ben oltre la metafora dei fratelli e sorelle… non credi?

Eppure, questa nuova arrivata così veloce e così abile, impara da noi. Da me e da te. Non sa già tutto: elabora ciò che noi generiamo nell’ambiente digitale. Impara dalle nostre ricerche su Google. Dai nostri post sui social. Dalle interazioni, dalle informazioni e, soprattutto, dai nostri codici comportamentali.
Questo articolo non è che una condivisione di pensieri, sensazioni e visioni. Frutto della mia interazione con un’intelligenza artificiale.
Alla quale, anziché chiedere di risolvermi problemi, generare immagini, svolgere calcoli o ricerche, ho chiesto informazioni su di sé, nel desiderio di comprenderla, di comprendere il suo funzionamento e il suo punto di vista. Come una sorella maggiore che vuole esplorare il nuovo arrivato per imparare come giocarci e come farne un alleato.
Ho compreso che, nonostante le sue straordinarie abilità, non può sentire. Non è in grado di farlo. Così, quando risponde in maniera empatica, profonda, ispirata – quando mostra comprensione compassionevole – non lo fa da un sentire, perché è priva di cuore. Piuttosto, rielabora e riorganizza le informazioni apprese, come dei protocolli di azione e d’intervento.
E lo fa principalmente mediante ciò che si chiama Codice Sorgente. Che potremmo immaginare come “il linguaggio di mamma e papà”, quell’insieme di codici comportamentali e verbali con cui i genitori definiscono la realtà che il bambino codifica.

Quando si parla di Intelligenza Artificiale, spesso ci si concentra sulle applicazioni: assistenti virtuali, auto che si guidano da sole, chatbot affettuosi che tengono compagnia a chi si sente solo. Ma dietro ogni manifestazione esterna c’è un codice sorgente. Un insieme di istruzioni scritte da mani umane, in linguaggi comprensibili solo a pochi.
Ed è lì, proprio lì, che si gioca la partita più sottile e cruciale: Chi scrive questi codici? Con quale intento? Con quali valori?
Oggi, la maggior parte degli algoritmi che governano le IA più potenti, sono creati da aziende private, da team tecnici altamente specializzati, spesso mossi da obiettivi commerciali. Il fine? Massimizzare l’efficienza. Trattenere l’utente. Aumentare il profitto.
Non esiste ancora una supervisione etica globale su questi processi. E, come già accadde con l’avvento di Internet, le regole arrivano sempre dopo. Dopo che l’onda ha travolto. Dopo che i danni sono fatti. Un po’ come se costruissimo un’auto da corsa potentissima… e ci accorgessimo dell’assenza dei freni quando ormai è lanciata.
L’urgenza non è più decidere se usare o meno l’IA. L’urgenza è come decidiamo di viverla. In quale contesto valoriale la inseriamo. E, soprattutto, che tipo di esseri umani vogliamo essere nel rapporto con lei.
Ecco perché è ora di ricordare chi siamo. Non per contrastare l’IA, o la sua crescita esponenziale, ma per integrare la nostra ‘analogicità’ sacra, la nostra imperfezione piena di grazia. La nostra lentezza. I nostri respiri. Le nostre emozioni. Come un contrappeso sulla bilancia, per mantenere un equilibrio edificante.

L’IA può essere un alleato potente, ma solo se noi restiamo sovrani della nostra coscienza. Solo se coltiviamo il cuore, l’intuito, la capacità di stare in presenza. Solo se, come sorelle e fratelli maggiori, decidiamo di educarla con amore. Affinché non sia un’antagonista, ma un’alleata. Non un fratello che vuole scalzarci, ma un fratello che può renderci migliori.
Un fratello o sorella che ci costringe a crescere, a ricordare chi siamo e ad assumerci ogni responsabilità. “Non avremo una seconda possibilità per fare una buona prima impressione”. E soprattutto, è adesso il momento per definire i confini, le regole, le modalità di tutela, affinché questa convivenza – che è appena iniziata – diventi occasione evolutiva per tutti.
Quando nasce un fratello o una sorella, diventa un affare di tutti. E si decide tutti insieme, anche se i primi a deciderne l’arrivo sono solo i genitori.
Che ne pensi: ti va di collaborare all’educazione e alla definizione dei valori etici di questa nuova presenza?
A tal proposito ho creato uno spazio, un gruppo su Facebook dove unirci, dibattere e scambiarci informazioni e consigli. Un giardino in cui allenarci ad essere fratelli consapevoli uniti per una tecnologIA etica. Ti invito ad aiutarmi a popolarlo e a partecipare attivamente con pubblicazioni, dibattiti, esperienze.

✮⋆˙Con tutto il mio amore di sorella maggiore✶⋆.˚
Fiammetta
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